Il Natale si avvicina e, come ogni anno, cominciano a
spuntare ovunque luci colorate, alberi, palline e decorazioni di ogni tipo.
E
come ogni anno io comincio ad andare in visibilio e non vedo l’ora di
cominciare ad addobbare casa cantando a squarciagola gingoooool beeeeeeeeel,
gingooool ol de’ ueiiiiii (no, no, non è che non so l’inglese, è che canto in
bergamasco).
Nell’attesa della tanto agognata data per tirare fuori l’albero
dal garage e Bublé dall’armadio, solitamente inizio a gironzolare per i vari villaggi
di Natale, in cerca di ispirazione per le decorazioni, e proprio l’altro giorno
sono incappata in una serie di fantastici alberi decorati con tante
meravigliose mele rosse.
E così, invece di trovare ispirazione per le mie
decorazioni, mi è venuta l’idea di realizzare una card con la dolcissima
Biancaneve Glimps, e con un albero addobbato proprio con tante mele.
Che tanto,
se le scappa la voglia di dare un morso e per caso sono avvelenate, c’è sempre
il principe azzurro che le da’ un bacio e sistema tutto. O forse no?
Se vi
dicessi che il risveglio di Biancaneve non ha niente a che vedere con un bacio?
Non ci credete?
E allora mettetevi comodi sul divano con una bella coperta e
una cioccolata calda, perché oggi vi voglio raccontare proprio la storia di
Biancaneve, così come i nostri amici Grimm ce l’hanno riportata.
C’era una volta una regina che cuciva vicino a una finestra
e guardava la neve cadere. Ovviamente, visto che guardava i fiocchi di neve e
non dove metteva l’ago, finì col pungersi un dito e una goccia di sangue cadde
sulla candida neve depositatasi sul davanzale.
Ed ecco che le viene la pensata
del secolo: “Oh, come vorrei un bimbo bianco come la neve, rosso come il sangue
e nero come l’ebano della finestra”.
E tac, nel giro di poco (nelle fiabe si
sa, il tempo è un concetto relativo e in questa, come vedremo, in particolar
modo) diede alla luce una bimba con la pelle candida, le labbra rosse rosse e i
capelli corvini, che chiamò Biancaneve. E chiaramente, dopo aver partorito, la
regina morì. Che originalità.
Di lì a un anno il re decise di risposarsi con una donna
bellissima ma che, come dire, se la menava un po’ ecco. Non che fosse cattiva,
no no, semplicemente aveva la tendenza a far fuori qualsiasi fanciulla più
bella di lei, ma che ci volete fare, ognuno ha le sue fisse. Per controllare di
essere sempre la più bella del regno, si serviva di uno specchio magico, che
ogni volta le ripeteva in rima quanto fosse bella, quanto fosse affascinante e così
via. Finché, dopo sei anni (seguitemi con i calcoli: Biancaneve a questo punto
ha sette anni), un giorno allo specchio salta in mente di dire che sì, sì lei è
bella eh, ma Biancaneve ciaone, è molto più bella di lei. Apriti cielo. Alla
regina prese una crisi isterica e convocò subito il fidato cacciatore di corte
e gli ordinò di portare la fanciulla nel bosco, ucciderla e portarle come prova
i suoi polmoni e il suo fegato (!!!). Il cacciatore che probabilmente era
abituato agli scleri della regina, non si pose troppe domande e portò la povera
Biancaneve nel bosco. In tutto ciò del re, padre di Biancaneve, non se ne sa
più nulla. Così, casomai ve lo foste chiesti. Una volta portata Biancaneve nel bosco
però, al cacciatore sembra spuntare una coscienza e non se la sente di
ucciderla, così la lascia libera pensando “ma sì, tanto se la mangiano le belve
feroci”. Ecco, dicevamo della coscienza… Alla regina, come prova portò gli
organi di una malcapitata bestiola e furono tutti felici e soddisfatti.
Nel frattempo la piccola Biancaneve, cominciò a girovagare
per il bosco, finché non trovò la casetta di sette nani addetti al settore
estrazioni minerarie. Come tutti sanno, i nani decisero di tenere con loro la
piccola bellissima bimba. A patto che tenesse la casa pulita, cucinasse,
rammendasse, lavasse, cucisse e facesse la calza, s’intende. In due parole si
tratta di sfruttamento minorile, ma vabbè. Biancaneve iniziò così a vivere con
i nani. Ma non ci volle molto perché la regina decidesse di interrogare di
nuovo lo specchio e venisse a conoscenza del fatto che la bimba fosse ancora
viva. Questa volta decise di fare da sé, che dei cacciatori non ci si può
proprio fidare. Si travestì da merciaia, andò alla casetta dei nani e si mise a
gridare fuori dalla porta (cito testuali parole): “Roba bella, comprate!”. Tipo
mercato del pesce per intenderci. Biancaneve, seppur avesse ricevuto
raccomandazioni dai nani di non aprire a nessuno e di non accettare niente da
nessuno, rimase conquistata dalle belle fasce che la merciaia vendeva e si fece
convincere a provarne una. Chiaramente la regina/merciaia gliela strinse in
vita fino a toglierle il respiro, lasciandola caduta a terra, convinta di
averla uccisa. Ma i nani, che ce ne sapevano una più del diavolo, al loro
ritorno capirono che era stata la regina e le slacciarono la fascia, facendo
tornare in vita la piccola Biancaneve. La regina tornò a casa, interrogò lo
specchio, scoprì di aver fallito, andò su tutte le furie e decise di riprovare.
Sta volta si camuffò da povera donna, preparò dei pettini avvelenati e di nuovo
si piazzò fuori dalla porta della casa dei nani gridando: “Roba bella!
Comprate!”. Che io dico, ma almeno cambia tiritera no? Chi vuoi che ci caschi
sta volt… ah, niente scherzavo. La piccola Biancaneve che, bella era bella per
carità, ma non brillava proprio per furbizia, si lasciò convincere a farsi
pettinare dalla donna con uno di quei bellissimi pettini. E zac, il pettine
avvelenato la fece stramazzare al suolo. Ma per fortuna i nani capirono che la
regina ci aveva riprovato, rimossero il pettine e di nuovo Biancaneve si riprese.
Ancora una volta la regina tornò a casa, interrogò lo specchio, scoprì che
Biancaneve se l’era cavata di nuovo, le partì un embolo e sta volta decise di
fare sul serio. Ed eccoci finalmente alla famosa mela avvelenata, olè! La
regina si travestì di nuovo, bussò alla porta della casetta e attenzione,
Biancaneve questa volta le disse di non poter far entrare nessuno e di non
poter accettare niente da nessuno, che i nani se no si sarebbero arrabbiati e
avrebbero fatto un casino. Ma la regina riuscì a convincerla lo stesso ad
assaggiare la mela, e la povera pallida bimba cadde a terra morta stecchita. I
nani a sto giro non riuscirono a fare niente e la deposero in una bara, piangendola
per tre giorni. Poi però, visto che non si decomponeva (oh, il solito,
meraviglioso tocco macabro dei Grimm!), le fabbricarono una bella bara di
cristallo e la esposero su di un monte. Così, tipo museo delle stranezze.
Molto, molto tempo dopo… STOP: vi ricordo che Biancaneve quando muore ha sette
anni. Qui si deduce che da morta deve per forza essere cresciuta, se no il
seguito non ha senso. Non che abbia senso che cresca una volta morta e messa
nella bara, ma insomma. Dicevamo, molto molto tempo dopo, passò di lì un bel
principe che vide la mort… ehm, vide Biancaneve, e se ne innamorò perdutamente.
Niente, i principi delle favole so’ strani, non c’è niente da fare. Qui comincia
una contrattazione principe-nani per chi si deve tenere la bara con la nostra
pallida protagonista, finché dopo tanto insistere i nani cedono e lasciano che
il principe se la porti via. Tutto contento il principe ordinò ai suoi
servitori di trasportare a spalle la bara fino al palazzo, ma essi inciamparono
e, attenzione attenzione: per l’urto, il pezzo di mela avvelenata uscì dalla
gola di Biancaneve ed essa tornò in vita.
Ve lo ridico con parole povere: Biancaneve fa un rigurgitino
e si ripiglia. Niente baci. Bastava una pacca sulla schiena. E poi chiaramente
Biancaneve e il principe vivranno felici e contenti e bla bla bla.
E niente, quindi se decidete di addobbare il vostro albero
con delle mele, auguri… a voi e famiglia (che si spera che nel caso, sia sempre
disponibile a una pacca sulla schiena…).