Ci sono giornate in cui non c’è niente da fare, si ha voglia
di qualcosa, ci si fissa e finché non la si soddisfa la non ci si mette il
cuore in pace.
Tipo quando si vede una Glimps di cui ci si innamora a prima
vista e finché non la si ha tra le mani, non si sta tranquilli.
Oppure quando
ti prende una voglia smisurata di Nutella, e ovviamente, in casa non ce n’è.
Alzi la mano chi non è uscito apposta per prendere l’ambito barattolo di crema
cioccolatosa solo perché ne aveva una voglia matta. Ecco, la nostra storia di
oggi racconta proprio di una di quelle voglie, per cui si è disposti a tutto.
In fondo a chi non è mai venuta voglia di mangiarsi dei Raperonzoli? No, no,
non parlo di biondine, ma di una specie di rapa. Come dite, non sapevate che la
capellona più famosa della storia prende il nome da una rapa? Allora sarà il
caso di cominciare dal principio…
C’erano una volta un uomo e una donna che desideravano da
tempo un bambino. Quando finalmente la donna fu in dolce attesa, le presero le
classiche voglie di quel periodo e cominciò a stressare il marito: ho voglia di
Litchis, e che caspita sono?, vammi a prendere delle fragole, ma è dicembre, ho
proprio voglia di sushi, non puoi sei incinta, una bella fetta di salame?, nemmeno,
voglio quei raperonzoli che crescono nel giardino della vicina, ma è una maga
poi si arrabbia, e ma insomma sono stufa se non mi porti i raperonzoli io non
mangio più. Ecco più o meno una cosa del genere. E la donna si impuntò a tal
punto che cominciò a dimagrire a vista d’occhio. Preoccupato, il marito cedette
e di nascosto rubò dal giardino della maga vicina una manciata di raperonzoli.
La moglie se li mangiò tutta soddisfatta, ma manco a dirlo la voglia si triplicò
e costrinse il marito a procurargliene degli altri. Quando però l’uomo tornò
nel giardino della vicina, venne colto sul fatto dalla maga: a-ah ecco chi ruba
i miei raperonzoli! L’uomo si scusò e raccontò delle voglie della moglie: sai è
un casino, mia moglie è incinta e ha le voglie, poi si arrabbia e non mangia
più, i litchis dove caspita li trovo, i tuoi raperonzoli invece sono qui a
portata di mano…
La maga ascoltò le scuse dell’uomo e acconsentì a fargli
prendere tutti i raperonzoli che voleva (che carina), ma a una condizione: una volta
nato, il bambino se lo sarebbe preso lei (che carin… ah no). L’uomo non ci
pensò su due volte e acconsentì. Ecco, una delle cose che amo di più nelle
favole dei Grimm, sono le certezze: se c’è di mezzo un genitore, si può stare
sicuri che in un modo o nell'altro riuscirà a disfarsi della propria prole, ah
che bellezza.
Quando la moglie mise al mondo una bella bambina, ecco
comparire la maga che decretò che la piccola si sarebbe chiamata Raperonzolo e
senza aggiungere altro la prese e se la portò via.
Che poi, io dico, d’accordo
che c’è di mezzo la faccenda delle rape rubate, ma se il padre avesse rubato
che so dei carciofi, questa povera innocente si sarebbe chiamata Carciofa?? Va
bè, evviva la fantasia. Ad ogni modo, da questo punto in poi, mi dispiace disilludervi
subito, ma i genitori spariscono nel nulla. Niente, non si pongono il minimo
problema e i nostri amici Grimm non se ne curano più. Alla faccia di casa
Disney dove invece sti poveri genitori diventano matti per 18 anni a cercare la
figliolina rapita e ad accendere lanterne che manco al capodanno cinese.
Ma torniamo a noi. Raperonzolo manco a dirlo divenne una
bambina bellissima, ma quando compì 12 anni, la maga decise di punto in bianco
di rinchiuderla in una torre. E tanti saluti a Freud, a Jung e agli archetipi,
che i Grimm ci sono arrivati prima. La torre era ovviamente altissima e
sprovvista di porte, con una piccola finestrella come unico spiraglio sul mondo.
Da quest’unica apertura la maga andava e veniva servendosi invece che di una
scala, come ogni persona di buon senso, dei capelli di Raperonzolo che nel
frattempo, non ci è dato sapere per quale arcano motivo, non essendo mai stati
tagliati erano divenuti lunghissimi. Mi spiace deludervi di nuovo, non ci sono
capelli magici, solo capelli sali-scendi.
Un bel giorno passò di lì un giovane principe che sentì
Raperonzolo cantare. Restando incantato dalla bella voce, cercò di capire come
raggiungere la giovane canterina, non riuscendo però a trovare un modo per
entrare nella torre. Quand’ecco che vide arrivare la maga e le sentì dire: “oh,
Raperonzolo, sciogli i tuoi capelli che per salir mi servirò di quelli”. Il
giorno seguente allora, tornò alla torre e recitò anche lui la tiritera rimata
per salire dalla sua bella. Inutile dire la sorpresa di Raperonzolo, quando al
posto della vecchia maga si vide comparirle innanzi un giovane principe.
Ovviamente i due, che ve lo dico a fare, si innamorarono e presero a
frequentarsi assiduamente durante l’assenza della maga, finchè un giorno la
nostra bionda (che è bionda lo decidiamo noi, non ce ne vogliano i Grimm), non
se ne uscì con una frase poco felice: ditemi signora, com’è che pesate molto di
più del mio principe? Ecco, diciamo che Raperonzolo non spiccava proprio per
intelligenza. Figuratevi la maga: non solo aveva scoperto che un giovane
frequentava la fanciulla che lei si era tanto preoccupata di tenere fuori dalla
portata di chicchessia, ma la suddetta giovane le aveva pure detto, nemmeno
troppo velatamente, che era grassa. Incavolata nera, non ci pensò due volte e,
cito testualmente, “zic, zac” le tagliò i lunghi capelli.
Dopodichè la prese e
la abbandonò in un deserto. Se volete un consiglio spassionato, evitate di dire
in un colpo solo a una maga che l’avete fregata e che è pure grassa. Che poi è
un casino. Raperonzolo fu costretta a vivere miseramente nel deserto e dopo un
certo periodo di tempo, diede alla luce due gemelli (sissignori, i due giovani
mica passavano il tempo a chiacchierare e a pettinare bambole, che vi
credevate?). Nel frattempo il principe, ignaro di tutto tornò alla torre, la
maga gli calò i capelli tagliati e lo fece salire, spiattellandogli in faccia
che la sua bella non c’era più, tiè. Per la disperazione il principe allora si
gettò dalla torre. No, tranquilli, è un imbecille ma non muore mica, no, rimane
solo accecato e comincia ad errare per i boschi cibandosi solo di erbe e radici
(rape, ndr). Che come caspita si faccia ad accecarsi buttandosi da una torre
poi è ancora da capire, ma tant’è.
Alcuni anni più tardi, il nostro cieco ed errabondo principe
capitò nello stesso deserto in cui viveva Raperonzolo (quando si dice ‘na botta
di…) e sentendone la voce la riconobbe. I due, increduli e felicissimi, si
abbracciarono e due lacrime della nostra ex-capellona bagnarono gli occhi del
principe, che per magia tornò a vedere come prima. Fine. Sì, fine. Questo è il
massimo del lieto fine che i Grimm ci regalano. A piacimento possiamo
immaginarci una simpatica casetta nel deserto dove l’allegra famigliola visse
felice e contenta. Oppure per i più fantasiosi, potremmo donare un briciolo di
lume ai nostri due giovani e farli tornare a vivere nel regno del principe. Ma
conoscendo i Grimm trovo più verosimile la prima.
Morale della favola: se vi dovesse venire una voglia
irrefrenabile di rape, ma non ne avete, lasciate perdere e nel dubbio buttatevi
su un barattolo di Nutella, che in fondo è sempre la scelta migliore.